Il bimbo che cadde nella gebbia
Forse non saremmo tutti qui
Forse non ci saremmo affatto
Noi cinque fratelli, i nostri compagni, i nostri figli e i loro
Forse non così come siamo
Se non fosse stato per il bimbo caduto nella gebbia della nonna,
Dall’arabo Giâbiah
Sintetica parola per vasca d’acqua piovana da lavarci i panni
(sono stati gli arabi, sai, a insegnarci a imbrigliare l’acqua)
Novantadue anni fa
Forse stasera è il suo anniversario
E ci comanda di ricordare
La sua storia
La scriba riluttante ubbidisce
Mozziconi di un’afosa estate solitaria
Nella bassa romagnola sparsi attorno
La storia che non conosciamo
La nostra Nabka personale
Alla quale non accenniamo
Almeno questo glielo dobbiamo
Prima le donne e i bambini
È quello che si dice
Ma nell’interregnum, non è così
Lui viene sempre per ultimo e non è decantato.
Faceva tanto caldo quel pomeriggio,
Nonna Mica era stremata
E dopo avergli cantato il sonno
Quando il bimbo si fu addormentato
Andò anche lei a schiacciare un pisolino
Dicendo al figlio maggiore
Un bambino di sei anni, di chiamarla se il bimbo si svegliava.
Ma come ben sapete, le orecchie di un bambino di sei anni
L’informazione la trattano in maniera selettiva
Secondo le proprie inclinazioni
E questa rappresentava una splendida occasione
Per andarsene a giocare dal cugino
che viveva nella casa accanto
Nessuno l’avrebbe mai scoperto.
Il bimbo di cui si ignora il nome
Presto si svegliò
Dirigendo i piedini da infante
Le gambette malferme
Verso la cucina
La porta lasciata socchiusa dal fratello
Sbirciò e vide
La sfida insormontabile
Delle scale
Lo scioccherello avventuroso
(della stessa razza dei fratelli maggiori
Che, varie volte, avrebbero attraversato oceani),
Sistematicamente
Coordinando gambe, braccia e sedere
Fiero di sé arrivò in fondo. E poi, delizia delle delizie,
Lì trovò il gallo,
Quello che adorava, con la cresta rossa,
Le piume multicolori, rumoroso e impettito
E il bimbo pensò bene
Che fosse il caso di seguirlo, perché i galli
Indubbiamente sanno vivere
Oltrepassarono insieme la legnaia, i conigli
La pianta di caprifoglio, le prime due file di ulivi
E poi furono accanto alla gebbia dove la nonna
Lavava la biancheria, con il sapone fatto di causto e di sansa d’oliva
E lì di fianco c’era la cenere per imbianchire i lenzuoli
Il gallo si mise a beccheggiare fino al bordo
Il bimbo traballante lo seguì.
Fu quella la fine della sua strada
E forse l’inizio della nostra
Perché il fratellino maggiore, quello di sei anni
Non dimenticò fino alla sua morte
83 anni dopo che era stata colpa sua
Per tutta la vita stette in guardia contro la
NEGLIGENZA
Di qualsiasi tipo
Non imparò mai a rilassarsi
Da quel momento
Ricordava continuamente
A ognuno di noi
Be carefulu
Statti attenta
Ogni azione ha la sua conseguenza
E si d’indignava con gli Americani
Per l’impunità che conseguiva
la loro propensione a non considerare
i risultati delle proprie azioni
“Combinano guai e poi
Cu na botta di “I’m sorry”
Se la cavano
Una vita non vissuta
Novantadue anni dopo
Comanda ancora la nostra
Attraverso gli oceani e il tempo
In questo puntino di universo.
(2008)