La rosa dalle terre vergini d’Etiopia
per Julio Monteiro Martins sulla soglia di un altro genere di terra
Vuota è la terra
Sterile è la terra
Terra desolata, sprecata terra
Grembo infecondo e malcerto
“Faremo fiorire il deserto!”
Fin quando non l’afferra il dio capitale
e l’insemina
facendola ingenerare oro
a Wall Street e Abu Dhabi
E magnifiche e progressive
le sorti del duemila
pasteggiano il bufalo e l’asino etiope
e le capre e i muli
per far crescere rose
dove vagavano mucche
e fragole, peperoni e riso
per i supermercati di Ottawa e Roma
Sia lode a Cargil, Cargill, Cargill !!!
Prostrarsi davanti al nuovo dio
E i figli della pastorizia
sussidi alimentari nel piatto
imparano l’ABC
sui quaderni dell’Unicef
non sotto limpidi cieli africani
ma dentro strutture metalliche
e i corvi li guardano dalla finestra
mentre si librano i falchi
trasportati dal vento
Attenti alla rosa vergine
Attenti alla terra inquieta
Ché la sua anima
non l’ingoi la ruspa
dei vacui operatori di borsa
Ché la terra inubertosa
la landa desolata
non se l’accaparri
l’ invisibile mano del mercato
L’accalappia terra
landa vuota
che pullula di invisibili
vacche, capre, pastori
per migliaia di anni
transito di animali, donne
e uomini e bambini
sui morbidi solchi di terra
binari che scompaiono sotto terra
quando la pioggia la trasforma in fiume
e non te la puoi più accaparrare
quella terra che germina fiori spinosi
per la delizia degli asini
quella terra che germoglia l’erba tenera
tanto gradita ai vitelli.
La terra colore dell’uomo
della donna e del bambino
Terra colore della vacca e della pecora
della capra e dell’asino
Dedite alla pastorizia
le chiamano queste popolazioni
E vuota è la loro terra dove milioni di zoccoli
e sandali e zampe hanno calpestato i millenni
Improvvisamente landa desolata, terra vergine
che la Borsa s’appresta a deflorare
E i popoli dediti alla pastorizia in perpetuo moto
ad accalappiarsi spazi
E quando s’imbruna l’erba
e s’ingrossa la pancia della terra
fanno scoppiettare qualche fiamma
guidando le rosse, ardenti delicate lingue
ai lembi della foresta
per poi tirarle indietro perché gli alberi possenti
e i cespugli e le liane e i fusti
alimentano i polmoni e loro il sangue e gli arti
e a loro sì , si deve rendere onore
e non agli dei di Wall Street
e non a quelli di Abu Dhabi
o a miliardari coi turbanti
e non all’alta velocità
che in un attimo ti porta a Financial Center
e alle sue torri che grattano i cieli
La grattiamo noi la terra, pezzettini di suolo per metter cibo
Teff, enjeera, pecora e verdure sulla tavola
Ma la Borsa di Abu Dhabi comanda
la rosa, la rosa, la rosa
E mani nere l’han coltivata e poi tagliata
nella stiva accomodata e poi se n’è volata
per i cinque continenti
La terra etiope della pastorizia ha dato alla luce la rosa
e i bambini bengalesi la vendono a ogni angolo di strada
a New York, Parigi, Berlino, Londra, Roma
È fiorito il deserto
nelle mani del bambino bengalese
E la rosa ora sfiorita
è un affare, mezzo euro
per la tua anima
mezzo dollaro per il fantasma
del fiato della capra
come rugiada
intrappolato
tra i petali di rosa.
Pina Piccolo, 18 dicembre 2014