L’arte di Cuttone ai tempi del Coronavirus
La storia, come sosteneva Giovanbattista Vico, è un ciclo di corsi e ricorsi. Insomma nella storia ci sono delle costanti. Questa ultima pandemia virale, il Covid19, non è sicuramente la prima che l’umanità si trova ad affrontare.
Scrittori e pittori, nelle diverse epoche, hanno saputo descrivere questi tragici flagelli umani (ad esempio: la peste nera del Trecento descritta da Boccaccio nel “Decamerone” o nell’affresco “Il Trionfo della morte” di Palazzo Abatellis a Palermo; Strozzi e Crespi – solo per citarne alcuni – la peste del Seicento o Apollinaire, Klimt e Schiele l’Influenza spagnola).
Lo stesso sta avvenendo adesso in Italia e nel Mondo.
Giacomo Cuttone, ai tempi del Coronavirus (parafrasando il libro di Gabriel García Márquez “L’amore ai tempi del colera”), vivendo in quarantena come la stragrande maggioranza degli italiani (e non solo), ha impiegato molto del suo tempo alla pittura e ha fatto propria la frase di Balthus (Balthasar Klossowski de Rola) che recita: “La pittura, rito in grado di contrastare la venuta della morte”. La potenza cioè taumaturgica, o salvifica dell’arte. Il potere di cui dispone come capacità effettuale di alleviare le sofferenze umane (lette in chiave creativa).
Cuttone ha voluto fissare sulle tele o sui fogli questa pandemia che tiene sospese le vite delle persone, perché, fra pochi anni, quando questo strazio sarà finito, c’è il rischio che rimarranno solamente le fredde statistiche che i sopravvissuti potranno, se interessati, a spulciare come una triste pagina di storia (passata in giudicato).
Adesso affrontiamo insieme le diverse tappe di questo viaggio.
Prima tappa: “Pipistrello in volo”
Tutto ebbe inizio con il pipistrello (l’incriminato e supposto agente diabolico…!); adesso vola libero nel cielo. La realtà ha due orizzonti che, al margine, si toccano. Fra un orizzonte e l’altro vi è il vuoto più nero. In basso il virus si muove – come una mina navale in uso nella Seconda Guerra Mondiale – nella fluida realtà.
Seconda tappa: “Il cigno nero”
Un cigno nero grandeggia sull’acqua occupando quasi tutto lo spazio. A noi umani resta soltanto quello all’interno delle nostre case. Il cigno nero è una metafora, ovvero (per semplificare) un’immagine che mostra un evento non previsto e invisibile, che ha effetti rilevanti, e che un artista rappresenta per figura e geometria visuali. La teoria del cigno nero è stata sviluppata da Nassim Nicholas Taleb per spiegare l’importanza sproporzionata di determinati eventi di grande impatto, difficili da prevedere e molto rari.
Terza tappa: “King Co.Vi.19/Vita velenosa”
Sua maestà, il monarca, il despota. Il virus ha la corona in testa, mentre mediante le sue ventose aspira la vita di ognuno di noi.
Quarta tappa: “Quarantena”
La scena, vista dall’interno di una stanza, si presenta surreale e/o metafisica. Non c’è presenza umana, solo lunghe ombre. Tutto sembra sospeso; forme astratte di colore galleggiano sulla superficie. Il nemico, il virus (il Fuori), attende con pazienza il momento propizio per attaccare.
Quinta tappa: “Ce la faremo”
Case, case e… case, prima scure e, poi, via via verso l’orizzonte sempre più colorate, dove campeggia un grande arcobaleno. È un paesaggio gioioso, volutamente ingenuo, visto con gli occhi di un bambino (il gioco della vita che non si ferma, e una speranza in attesa all’orizzonte degli eventi).
Una goccia di bellezza e di speranza per il futuro, questo breve percorso di Cuttone che suggerisce: è “la vita, più che la morte, a non avere limiti” (Gabriel García Márquez).
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