Le prime avvisaglie del diluvio
non furono che gocce lucenti come perle
che si abbattevano innocue su fili d’erba assetati
che bevvero e bevvero fino a scoppiare
La terra screpolata e gonfia
non ce la faceva a contenere
quell’abbondanza improvvisa
e benedetta
Neppure gli uccelli
sapevano più dove ripararsi
pur rallegrandosi al bengodi
di vermi che impantanati
dalla terra si sporgevano
facendosi beccare stupiti
dall’aria che ora gocciolava
stille appuntite come coltelli
Se ne accorse perfino la cicala
che qualcosa non andava
Dopo lo sguarciagolarsi alla calura
nel DNA serbava la memoria
del previsto calo graduale
e poi l’addormentarsi dolce senza risveglio
ora invece nell’arca di un guscio
gli schizzi
le ammorbavano il sogno
Non poté non notarlo
il calabrone con un ronzare
ora più sordo e più succoso
grondante dalle ali
E perfino la pulce faceva fatica
a restare attaccata al manto
E gioirono i venditori di ombrelli bengalesi
che nelle stazioni si ritrovavano
le caviglie stanche dal tanto camminare
ristorate come a un tempo
nelle risaie della loro terra
ora con l’unguento del disfacimento
di un’epoca e di una specie dedita
al comando.
Pina Piccolo 12/12/2012