Messaggio dagli alberi recisi all’Osservanza
Forse a chiamarmi sono state le anime degli alberi
Recise, segate dalle magnifiche sorti e progressive
Rossastre qui, in questo primo scorcio di millennio
Per decenni gli arti e i tronchi imbevuti
Dell’ansia da ogni poro sprigionata
Della paura feromenale
Della tristezza molecolare
Della rabbia legata la notte
E il giorno
Dai lacci della scienza del tempo
Finché baldanzoso non sopravvenne
Il contenimento chimico a soppiantarli.
Se ne stettero dunque col cuore in gola
Gli alberi
Ché i folli umani erano stati “liberati”
Per altri pochi decenni
Nella stasi dei commerci umani
A eliminare per l’aire il pathos accumulato
A girare in zona solo i “sani”
Solo signore anziane con i cani
Che annusavano l’ansia depositata sulla corteccia
E si giravano sconvolti
A guardare le padrone
Che percorrevamo ignare i sentieri
Dell’Osservanza, incapaci e inette
L’olfatto nostro
Disuso a distinguere l’odore della felicità da quello
Della morte in agguato
Ci fissavano i nostri cani
E non si spiegavano
Perché non facessero niente
Le Dee delle Mani
Quelle che aprivano scatolette
Indignati, si chiedevano
Perché continuassero a
Non rispondere ai chiari indizi
Ai messaggi scritti
A lettere cubitali
Da coscienze antiche
A noi apparentate
Nell’elica recondita
Che sancisce chi si muove e chi rimane
Visibilmente fisso
Eppure dalle radici
alle cime tempestose
essi, gli alberi
ci fremevano
la loro ansia
per l’appostamento
che ci riguardava
fino al momento che l’accetta
del Comune
non si abbatteva facendone strazio.
Pina Piccolo, 23 ottobre 2015
pubblicato in precedenza in Versante Ripido, in una versione più ampia, con spiegazione del contesto http://www.versanteripido.it/messaggio-dagli-alberi-recisi-allosservanza-di-pina-piccolo/