Met Sambiase: Tre poesie dall’evento “La pace è in fiamme”
NON MI VIVONO IN PACE
Non mi vivono in pace
mi contano le domeniche, gli amori,
la qualità di tutti i malumori,
le lesioni, si sovvertono molto
su questo continente di un’isola sola con le gambe
e mura difensive contro razze parallele
che non si vivono in pace
frantumando falso grano che nutre poco
aspettando la neve del polline per seminare
tutti abbiamo la qualità della stessa fame
perfino le cavallette hanno fame di noi
è un dolore il respingersi e il sopravvivere
per essere finalmente lasciati in pace
si deve scegliere il proprio atto di sottomissione
perdersi dal punto di vita alla coda fra le gambe
come i cani mangiati vivi dagli abbandoni
femmine e bambini perfino uomini
qualcosa arriverà, ma chissà a chi somiglierà
se o mai ci sarà pace
semmai si uscirà prima da lavoro
per pescare o spingere le forcelle nei cibi
saremo disinnescati, cessati e finalmente vivi
in spirito e volontà di darsi in amore
oggi è finalmente un colore giusto
quasi sia la rivoluzione questo silenzio pieno di voci
che si scambiano i panni, e un segno di pace
fra i banchi delle chiese, nei tappeti delle moschee
che somigliano alle sinagoghe ma nessuno lo dice
si attende dall’alto la pace
perché non la si conosce ma la si può aspettare.
***
ALLA FINE DELLE COLPE
Nessuno ha colpa di nulla, è un sollievo
l’odore dell’assoluzione dei peccati nei venti
si pensa lontano dalla guerra nelle fabbriche
continuo lavoro, la perfezione ordinata
il ciclo continuo di pesticidi di cavallette umane
bombe ammazza bambini altrui che luccicano
fra lo sciopero dei sindacati
e gli incubi dei barconi che sbarcano
si andrà al santo lavoro anche stamani,
a piantare le mani nelle vernici e nell’uranio
si dormirà bene lo stesso e domani
un altro metallico giorno e nuove lattine di birra
da bere con abilità e cura,
con attaccamento alle tradizioni, senza dolori
oggi è il dì di paga e premio aziendale in mine e granate
arriverà civilissimo e pensionanti si va alla fine
del ciclo produttivo della perfetta bomba metalmologa
il casus belli nessuno sa che sia,
si va solo a faticare anche oggi
si vanno a riempire le porte delle notti altrui di morti fosforescenti
a timbrare cartellini e privazioni umane
nessuno a colpa di nulla
ed è il nostro sollievo quotidiano.
***
LA NECESSARIA PAROLA
dall’antologia UmaFemininità, Joker edizioni
Misuriamo il benessere occidentale
con i grammi dei silenzi
con le porte chiuse dietro le bare che si portano a spalla
le declamazioni di coprifuochi lontani
quanto le storie di guerra della tua vecchia nonna
che mangiava le bucce di patate
e proteggeva suo cugino e i disertori
nel sottoscala della cucina aspettando che si liberasse l’aria
l’unico elemento che respira per tutti.
Abbiamo finito ora di raccogliere l’umanità
contando i profitti variabili delle vendite di Kalasnikov
costruiti in perfette fabbriche sterilizzate con il ferro
e il fuoco
benedizione di tutte le ultime guerre giuste e sante
- lo dirai questo quando tornerai a parlare? –
che è solo il male che arriva dappertutto
e non puoi parlare
di cose che non conosci
e non hai mai visto i martiri
ma i santi li conosci da sempre, negli affreschi delle chiese
e le figurine dei presepi , malsicure, s’incarnano ammassandosi
in Palestina o in Kossovo
s’inginocchiano per vivere appena
affamati, che nono ritorneranno più in terra
e negli ostaggi
nei bersagli
mobili fra gli stati canaglia e quelli conigli,
lo spread della distruzione di massa, lo stupro etnico,
la nuova collezione di una razza perfetta.
la razza umana è il tuo parente povero
la nutria dei fiumi, il passo della diaspore dietro i monti
il putiferio dei demoni, il vicino che parte di notte
i materassi gettati nei pavimenti di vecchie scuole, la durezza del giudizio
l’organismo perfetto dell’inverno,
qui
o in luoghi mai visitati
le nostre storie scoppiano uomini
fin quanto
non ti concederai – tu – di parlare.